Luna di miele
Tra Dolcezza e Amarezza: Un Viaggio Poetico nelle Contraddizioni dell'Esistenza
Mia vita, a te non chiedo lineamenti
fissi, volti plausibili o possessi.
Nel tuo giro inquieto lo stesso
sapore han miele e assenzio.
E’ la quartina iniziale di una poesia (Mia vita, a te non chiedo lineamenti) tratta dalla raccolta “Ossi di seppia” di Eugenio Montale, dove il poeta, nell’esprimere la condizione di precarietà dell’esistenza e di sospensione delle emozioni, arriva a dire che per lui ormai il miele e l’assenzio hanno lo stesso sapore, laddove, come è noto, il miele è il simbolo della dolcezza e l’assenzio lo è dell’amarezza: quest’ultimo, infatti, è una pianta erbacea medicinale con foglie pelose e fiori gialli dal caratteristico sapore amaro; dalla macerazione e dalla distillazione delle foglie e delle sommità fiorite si ottiene un liquore amaro, che, usato in dosi eccessive può avere effetti di una droga e diventare tossico.
Nell’elencare i pregi di cui Dio ha dotato Laura, Francesco Petrarca (Canzoniere, sonetto CCXV) esprime efficacemente la contrapposizione tra miele e assenzio, dicendo che Laura da un momento all’altro
“ po’ far chiara la notte, oscuro il giorno,
e ‘l mèl amaro, et adolcir l’assenzio”.
Aldo Gabrielli, nel suo bel volumetto “Nella foresta del vocabolario” ci racconta: “Diceva quella malalingua di Voltaire che il matrimonio potrebbe definirsi una luna di miele per il primo mese cui fa seguito una luna d’assenzio di molti anni.”
L’espressione “luna di miele”, che il Gabrielli ci dice risalire a un’espressione dell’Avesta, il libro sacro dell’antica religione persiana, s’incontra nel mondo occidentale con l’inglese honeymoon, da cui fu tratto il francese lune de miel (inizialmente lune du miel), tradotto in italiano luna di miele.
E’ il periodo (di un mese) dopo le nozze, in cui il rapporto tra gli sposi è pieno di dolcezza, cosa a cui fa appunto pensare il miele, e durante il quale gli sposi normalmente vanno in viaggio di nozze.
Perché un mese? Perché il termine luna, al pari di lune e moon, viene usato in questa espressione non nel senso di astro, ma in quello di periodo della lunazione, ovvero l’intervallo tra due ritorni consecutivi della luna alla medesima fase, e, quindi, di mese lunare, che dura tra i 29 ed i 30 giorni.
In sostanza, come dice il Nocentini (Dizionario Etimologico) una metafora dell’effetto decrescente dopo l’intensità iniziale, paragonato alla fase decrescente della luna.
L’espressione viene usata, a volte anche scherzosamente, per indicare un periodo iniziale felice ma destinato, purtroppo, a finire. Così Giovanni Verga nel romanzo del 1886 ’Una Peccatrice’:
“ Quella vita che aveva formato il mio paradiso, adunque, quella vita che noi non avevamo
vissuto che per amarci, che per comunicarcela l'un l'altro coi baci, non poteva sempre durare... non era stata che la luna di miele! …”
Il termine luna ci viene dal latino lunam risalente all’indoeuropeo *leuksna, la splendente, da cui derivano anche i termini latini lucem, la nostra luce, lumen, il nostro lume, ed il termine greco leukos, bianco, da cui in campo medico abbiamo formato le parole che indicano gravi malattie come la leucemia ed il leucoma, ma da cui derivano anche leucisco, pesce bianco cosiddetto per via delcolore, e leucite, minerale, che contenendo cristalli di alluminio, assume un colore biancastro. E direttamente dal latino lunam ci viene il lunedì, in quanto giorno della luna (lunae dies), ed anche, attraverso il diminutivo lunulam, piccola luna, il termine lulla, che indica il fondo della botte per via delle assi laterali a forma di mezzaluna. Ed anche il lunotto, il vetro posteriore dell’auto, ha questo nome per una certa somiglianza ad una mezza luna, come, ad esempio, nella vecchia topolino della FIAT.
È poi c’è il chiaro di luna, propizio per passeggiate romantiche, mentre i chiari di luna non sono affatto propizi, in quanto indicano tempi difficili: si dice, infatti, con questi chiari di luna c’è poco da stare allegri.
Lasciando la luna si può fare un giro al luna park che è il nome utilizzato agli inizi del novecento per un parco di divertimenti a Coney Island (New York): luna starebbe ad indicare un luogo fantastico.
Ed il nostro miele deriva dal latino mel mellis, che si è ampiamente esteso nell’area linguistica romanza, come, ad esempio, il francese miel, l’occitanico mel, il catalano mel, lo spagnolo miel, e il portoghese mel. Ma attenzione Ovidio nel primo libro dei suoi Amores fa dire alla ruffiana Dipsas, che sta dando consigli ad una bella fanciulla , “Impia sub dulci mele venena latent”, ovvero sotto il dolce miele si nascondono tremendi veleni: simili i nostri proverbi “parole di miele spesso son piene di fiele” e “volto di miele, cuore di fiele”. È, comunque, bene evitare di essere troppo mellifluo, in quanto, composto da mel e da un derivato del verbo latino fluire (scorrere, fluire), indica una dolcezza affettata ed insincera.
Fine. Ma non si può chiudere senza leggere la seconda ed ultima quartina della poesia di Montale, risalente al 1923 (un secolo fa), anche se non parla della luna di miele:
Il cuore che ogni moto tiene a vile
raro è squassato da trasalimenti.
Così suona talvolta nel silenzio
della campagna un colpo di fucile.