Il moto rettilineo uniforme è davvero speciale. Prima di tutto è lo stato di moto legato all’inerzia (nell’originale versione newtoniana, non quella relativistica), cioè la tendenza che ha un corpo (una massa) a mantenere il suo stato.
Nella formulazione originale si sottolinea che l’inerzia è la tendenza a mantenere il proprio stato di quiete o di moto rettilineo uniforme.
Tuttavia, proprio per le caratteristiche del moto rettilineo uniforme, è superfluo aggiungere stato di quiete. Il moto rettilineo uniforme pretende, infatti, che un corpo (una massa) si muova con velocità costante, in altre porole in assenza di accelerazione.
Inoltre, va precisato, che è chi misura tale moto a determinarne le caratteristiche.
Ne deriva, quindi, che un moto rettilineo uniforme è identificato da V=k (velocità media costante e accelerazione=0), dove k può essere anche 0! Ne deriva che un oggetto fermo (rispetto al misuratore) equivale ad un oggetto in moto rettilineo uniforme.
Il tutto – ovviamente – nel contesto di un sistema cosidetto inerziale, ovvero privo di campi gravitazionali e/o accelerazioni (che sotto molti punti di vista sono la medesima cosa).
Inoltre, come sappiamo dai tempi di Galileo, è un moto relativo, dove il misuratore (colui che effettua la misura di tale moto) gioca ovviamente un ruolo importante se non attivo, cioè fa parte della misura stessa. Qui, a mio avviso, si potrebbe già scorgere quel principio di indeterminazione proposto poi da Werner Heisenberg, dove la nostra misura non può essere considerata un sistema a parte.
Infatti le velocità nei moti relativi sono affascinanti proprio per questo aspetto “relativistico“.
Immaginiamo di trovarci nello spazio siderale, lontani da stelle, pianeti e punti di riferimento. Ad un certo punto vediamo un corpo in moto rettilineo unifrome rispetto a noi. In definitiva non sappiamo se siamo noi a muoverci o è il corpo. Misuriamo solo una velocità costante e un – apparente – moto rettilineo.
Inoltre, rispetto ad un diverso osservatore, noi stessi potremmo muoverci in moto rettilineo uniforme. Così avremo due visioni (o versioni) diverse del corpo in movimento; una nostra visione e quella dell’altro osservatore che vede muoversi in moto rettilineo uniforme sia noi sia il corpo da noi osservato.
La capacità di spostarsi nei sistemi di riferimento (in questo caso inerziali) non è una questione così semplice come potrebbe apparire in un primo momento. Il sistema di riferimento, infatti, incide in modo determinante su una misura. Possiamo attribuire ad un corpo quiete o moto rettilineo uniforme proprio in dipendenza dal nostro sistema di riferimento.
Potremmo affermare che basterebbe mutare il nostro sistema di riferimento per conferire ad un corpo moto o quite, il chè è davvero interessante.
Quando sosteniamo che un corpo è in quiete (rispetto a noi) in realtà stiamo sostenendo che noi (colui che misura) è solidale (o condivide) lo stesso sistema inerziale del corpo che sta osservando-misurando. Questo tipo di esperienze sono molto comuni, così comuni che spesso non ce ne accorgiamo. La Terra, ad esempio, ruota ad una velocità di circa 465,11 m/s all’equatore. Essendo noi solidali con il sistema terra consideriamo il nostro stato in quiete. Nella pratica non siamo in grado – localmente – di sfruttare questa velocità in quanto non siamo in grado di mutare – localmente – il sistema di riferimento.
Se si potesse trovare il modo di cambiare sistemi di riferimento in modo locale avremmo situazioni bizzare e utilissime. Immaginate di prendere una ruota di un carro (quelle classiche di legno con i raggi) e poggiarla sul terreno, dritta in piedi dinnanzi a noi. Normalmente questa essendo nel nostro sistema di riferimento e solidale con la Terra rimarrà in quiete.
Se riuscissimo a modificare il sistema di riferimento della ruota, a porlo fuori dall’orbita terrestre per esempio, la ruota a quel punto inizierebbe a girare! Posta all’equatore – con la giusta direzione – ruoterebbe a 465,11 m/s! Fantastico!